“Essere catastrofe” è: non stare a guardare…

Essere catastrofe sta arrivando su: 045publishing.com

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Premessa

La open call Essere catastrofe

Un contributo: Cambiare lavoro, cambiare il lavoro. Di miserie contemporanee che vengono da lontano Serena Grizi«Mi pagano solo se consegno» dal film Sorry We Missed You di Ken Loach

Durante il confinamento (lockdown) nei mesi da marzo a maggio 2020 045Publishing, collettivo di auto pubblicazione in quel di Verona che stampa un magazine nel quale raccoglie scritti su temi molto attuali del nostro vivere, ha lanciato la opencall Essere catastrofe. Scrittori, giornalisti, fotografi, hanno provato a raccontare e a raccontarsi nella catastrofe, ammettendo il proprio viverla ormai da anni e circostanziandone meglio confini e caratteristiche; che se questa non ce l’ha ‘inviata’ Babbo Natale né qualche mitica creatura, la si attraversa perché in qualche modo (in molti modi) contribuiamo a crearla. Banalmente, si dice, che riconoscere un problema è già metà strada per la soluzione. Se anche non fosse così, nell’immaginare, nel descrivere, nel disegnare la catastrofe ci si riconosce come elementi ‘non puri’ immersi nel divenire delle problematiche che già da molti lustri stanno letteralmente rivoluzionando il nostro modo di vivere: dall’ambiente ai mutamenti climatici, alle pandemie scatenate da tali rivolgimenti, al sovraffollamento mondiale, al lavoro che continua a cambiare di segno e di significato tra i simboli del nostro ‘patto sociale’ rischiando di far saltare una volta per tutte anche questo …. (Serena Grizi)

Così la opencall Essere catastrofe: 9 progetti di cui 5 testuali e 4 grafici 045 Publishing Issue n. 3

«La cosiddetta crisi ambientale e climatica ha definitivamente iniziato ad occupare uno spazio centrale nel dibattito pubblico a livello transnazionale. Di conseguenza, si moltiplicano analisi e previsioni su possibili soluzioni da adottare per scampare alla catastrofe: una specie di giorno del giudizio che incombe sulle nostre vite, da evitare cambiando drasticamente modelli di consumo e stili di vita. Nonostante questo genere di discorsi abbia il merito di porre l’attenzione su una delle questioni centrali della nostra epoca, esso rischia di alimentare una indiretta ma pericolosa autoassoluzione del sistema che ha portato alle molteplici catastrofi disseminate intorno e dentro di noi. In altri termini, proiettare nel futuro la catastrofe presuppone una sottovalutazione sistematica delle irreversibili piaghe ambientali, sociali e psichiche – che affondano le proprie radici nel sistema capitalistico – che attraversano le nostre società, ritraendole come elementi secondari, residuali e in fondo (tras)curabili. Se ci limitiamo all’ambiente, in Italia si contano 12.482 siti potenzialmente contaminati, di cui 58 di interesse nazionale per un elevato rischio sanitario. Il pianeta nel quale viviamo è infetto, per riprendere un concetto della filosofa Donna Haraway, e non ci resta che vivere accettando un divenire inquinato.

Partendo da queste premesse, il compito che ci spetta non e quello di evitare una catastrofe a venire, bensì quello di provare a ripensare con disincanto il tempo, il futuro e le nostre relazioni con il mondo: un mondo nel quale le catastrofi, sono parte delle nostre soggettività.

Assumere questa postura non significa alzare bandiera bianca per una resa finale dinnanzi alle macerie. Essa e, al contrario, una mossa necessaria per provare ad uscire dalla asfissia che sembra soffocarci.» 045 Publishing

Tempi moderni – C. Chaplin

Un contributo

Cambiare lavoro, cambiare il lavoro. Di miserie contemporanee che vengono da lontano – Serena Grizi

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Fotogramma da Tempi moderni di C. Chaplin – immagine web