Il femminicidio denuncia un problema serio di educazione alla relazione, alla sospensione dell’esercizio di potere

Dalla cronaca: prevista una fiaccolata di avvocati in toga giovedì 19 gennaio presso via Furio Camillo/via Amelia a Roma per rimarcare l’omicidio di Martina Scialdone, dopo il presidio di lunedì 16 gennaio sera tra Via Amelia/via Tuscolana con tutti quegli attori che ogni giorno s’impegnano per portare la scottante situazione dinanzi all’opinione pubblica cercando strumenti di contrasto e dando ospitalità alle malcapitate donne vittima di violenza costrette a lasciare in fretta e furia le loro case con o senza figli al seguito.

Allora ricapitoliamo. Non serve a nulla essere edotte sui femminicidi, non serve essere professioniste nel proprio lavoro, (Martina Scialdone era un avvocato), non serve chiedere aiuto perché chi sta intorno o non capisce o addirittura te lo nega «tu sei quella che paga di più se vuoi volare ti tirano giù, e se comincia la caccia alle streghe la strega sei tu»*, non servono gli aiuti sociali anti violenza perché le vittime di solito, educate ad obbedire, ad essere concilianti, se qualcuno che già è irascibile o persecutorio, o addirittura ha manifestato episodi di violenza, chiede di andare a cena o vedersi in un bar, la vittima predestinata ci va. Non serve ci sia gente intorno, lo ripetiamo. Allora il problema non è un problema femminile, anche se ha che vedere con l’essere donna perché dovunque essa sia dislocata è in pericolo (Iran, Italia, Afghanistan, Messico etc.).

E quindi allora è un problema maschile, di insicurezza e desiderio di controllare e gestire l’altro e poi di portarlo a morte affinché non si debba avere mai più davanti la ‘pietra dello scandalo’, colei su cui non si ha giurisdizione. Questo vuol dire che stando in un mondo che non fa sconti a nessuno: se fallisce un minimo d’orizzonte di potere maschile, la carriera va avanti per conto proprio senza impegno perché falliscono anche gli obiettivi sociali, e fino a quel momento il ‘cavaliere’ ha ottenuto tutte le misere medaglie che voleva (compreso fallimento di un matrimonio e figli, forse, di cui nemmeno gli importa più di tanto) comincia a chiedersi perché ‘una qualunque’ debba essere fuori controllo, fuori medagliere, e invece di aspettare di essere lasciata per la prossima si azzardi ad allontanarsi dal controllore che la deve ‘collezionare/controllare per forza’. Persone con problemi di autostima, non si escludono problemi psicologici/relazionali (con le dovute differenze da chi ha patologie certificate e segue terapie farmacologiche e psico-terapia per contenersi in una esistenza irta di sofferenze); qui il ‘pazzo’ è uno ‘normale’ (era bravo, sì, diceva sempre buongiorno e buonasera- dicono spesso i vicini ma chiedereste mai al vicino se può venire a cercare il vostro maglione preferito nell’armadio di casa vostra, che non lo trovate? Le pareti nelle case ci sono apposta, cosa ne potrà mai sapere un estraneo dei drammi che si consumano fra quattro pareti, alcuni, compagni e mariti infidi, parlano a voce bassissima e minacciano le loro mogli e compagne con un coltello sottile o le prendono a pugni nei punti non visibili del corpo). Sveglia! bisogna ripeterla anche ai colleghi giornalisti: si è sentita una ennesima cronaca del telegiornale nazionale con “probabile movente dell’omicidio, la gelosia”. La gelosia, dove non è patologica, e quindi da curare, non prevede che l’oggetto amato e di cui si adora ogni cosa venga spiaccicato sull’asfalto come un cane, braccata e sparata come l’ultima delinquente sulla terra; l’oggetto d’una gelosia controllata si ama, lo si vorrebbe più vicino, ma si contiene questo sentimento bizzoso per amore dell’altro, e un po’ di sofferenza può al massimo ricordarci quanto ci teniamo al nostro amato/amata. Il problema dell’esasperazione è maschile ma la società addebitando ancora le colpe al femminile (diavolo coi capelli lunghi, tentatrice, lei è giovane, è bella, si è messa con uno che potrebbe essere suo padre, o suo figlio) giustifica in qualche modo il femminicidio, lo ‘sopporta’ come un danno collaterale all’incapacità di educare i propri figli al rispetto dell’altro, alla convivenza delle differenze, ad una vita di coppia che non sia sistematica distruzione dell’altro (questa sì, agita anche da molte donne) perché in fondo, come diceva un ‘religioso’ la scorsa settimana alle donne iraniane: ‘sono le occidentali ad essere sfruttate, a lavorare, non voi che state a casa’. Quindi, ultimo messaggio. State a casa, fate i figli, lo chiede a gran voce ogni governo occidentale spaventato dall’avanzata degli immigrati, lo chiede l’oriente alle sue donne come l’unica cosa da fare ora che gli orizzonti di lavoro, carriera, soddisfazione personale sono stati riportati nell’unico binario ‘giusto’ quello maschile. Di fatto non combattete nessuna battaglia, è inutile, il male siete voi stesse che non capite cos’è che va fatto. Non serve, a quanto pare, tentare d’emanciparsi, perché prima o poi si inciampa in qualcuno che del vostro bel percorso se ne infischia: delle vostre speranze, del vostro pensiero, ma anche dell’avvenenza e della gioventù se ne infischia, e dell’affetto che potete dare. L’importante è il controllo non la relazione, se le attuali conoscenze nell’ambito dei disturbi di personalità non riconosceranno questo punto ‘oscuro’ in un maschile che, in una parte ben nascosta, obbedisce solo all’istinto primordiale di sopraffazione, avranno fallito. Probabilmente nonostante il dispiegamento di eventi grandi e piccoli attorno alla necessità di dire no alla violenza maschile, molti promossi da gente comune associata o no e non dalle istituzioni, i numeri degli omicidi annuali, protagoniste donne, continuano a rappresentare una percentuale considerata troppo bassa per fare qualcosa in più. Per esempio formare chi è negli esercizi pubblici a raccogliere un SOS disperato, se non ad intervenire… quando anche la prevenzione e la legge sembrano non trovare rimedi in una società che va comunicando la propria disfatta attraverso lo scontro, le armi, l’offesa, anche finale, come ‘possibilità relazionale’ in fondo contemplata. Non tutto è perduto ma occorre seguire le raccomandazioni che la conoscenza del fenomeno fin qui sviluppata mette a disposizione di tutte. Donna, Vita, Libertà. (Serena Grizi)

*verso di Edoardo Bennato

L’articolo appare con editing differente su Controluce.it

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Un commento

  1. Maria Pia ha detto:

    Un articolo esemplare questo di Serena Grizi. Con chiarezza entra in profondità nella realtà perversa dei tanti femminicidi che continuano ad accadere. Forse le analisi, le parole non serviranno, forse sì. In ogni modo non smettiamo di parlarne e di scriverne. Grazie Serena, Maria Pia Santangeli

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